Le due ferrate del Porton e del Velo consentono un itinerario “aereo” attraverso l’altipiano delle Pale di San Martino, un paesaggio lunare in quota, facilmente accessibile dagli impianti di Colverde.
Non conoscevo bene la zona, e devo dire che mi ha colpito la differenza di colore con l’altipiano del Sella. Sì, di colore, complice anche la giornata plumbea, qui la roccia sembra grigia, rispetto al bianco accecante della dolomia e del quarzo. Un paesaggio maestoso, duro, assolutamente temibile. Lo si percepisce appena scesi dalla funivia: qui le “madonne” volano!
Ed effettivamente sono volate parecchio! In compagnia con “madonne incoronate”, “zii bubi”, diversi dei di religioni diverse e suini vari fino ad arrivare al grado imperativo di “madonna incoronatissima” da parte della nostra valutatrice ufficiale nella scala del Zio bubu.
Il sentiero fino all’attacco della prima ferrata non pone particolari problemi a chi è abituato alla montagna, salvo trovarsi in mezzo al maltempo. L’attacco della ferrata del Porton invece, un qualche problemino di tremarella lo pone! La salita su staffe (ben attrezzata), è decisamente verticale e impressionante e tutta la ferrata è abbastanza esposta. Il tempo sembrava aprirsi e quindi abbiamo deciso di partire su queste staffe che sembravano infinite.
Alla fine della ferrata del Porton, all’interno del canalone che porta alla Forcella del Porton, a citare una nota guida di ferrate in questo tratto:
“Si risale faticosamente il canalone”
Lo definirei abbastanza riduttivo, perché usare tutti gli arti per risalire e staccare sassi scaricando continuamente non è esattamente “sfasciumi”. Questo è il tratto forse più ansiogeno.
E qui “madonna incoronata” comincia a piovere! A questo punto siamo a metà tra le due ferrate e senza reale possibilità di abbandono. Due di noi, Ivan e Simon, vanno via veloci verso il Rif. Velo cercando di precedere la pioggia e avvertire il rifugio, mentre Giorgia, Zamba, Evelina, Marco ed io rimaniamo indietro e attacchiamo la ferrata del Velo. La difficoltà di questa ferrata è la lunghezza ed il fatto che la percorriamo in discesa…e a questo punto servivano maschera, boccaglio e pinne. La pressione sale, andiamo in difficoltà, siamo sempre più lenti e il tempo non accenna a mollare un secondo. Il cavo e la roccia scivolano sulle mani bagnate e le vesciche abbondano. E tra un “Mi tiene?” “Si” “No” “Fidati” “Non mi tiene” “Si” “NO””SI”, quando finisce il cavo, sotto un oceano di acqua, tiriamo un sospiro di sollievo.
“Lenti ma inesorabili” cit. Ivan
procediamo fino al rifugio Velo, dove arriviamo alle 19.15. Negli ultimi metri in salita con un ruscello tra i piedi e le mani, dico anche a Zamba di volare via e rimaniamo io e Giorgia, evidentemente arrivata al suo limite psicologico. Ancora pochi metri e la vista della luce dalla porta è davvero rincuorante. La zuppa calda a questo punto è stata l’equivalente del paradiso in terra. Ringrazio qui la signora del rifugio, gentile, accogliente e assolutamente disponibile che ci ha aspettato per la cena. La notte piove copiosamente tutto il tempo, e la mattina dopo finalmente qualche foto di rito!
Verso il rientro anche il panino alla salsiccia di Malga Civertaghe con Radler annessa è sembrato il paradiso.
Un grazie a tutti quanti, nel momento della difficoltà l’aiuto di tutti è stato fondamentale. Un encomio speciale alla pazienza di Zamba!
Total climbing: 921 m
Total time: 04:06:32